La volontà dell’UE di plasmare pesi e contrappesi e la conseguente pressione esercitata sui negoziati si rivelano davvero eccessive

L’accordo istituzionale spalanca le porte a un condizionamento pervasivo da parte dell’UE e pone la Svizzera in una posizione ricattabile. Soltanto una volta suggellato l’accordo quadro la Svizzera si renderà infatti conto della portata del potere negoziale esercitato dall’UE. È infatti all’interno degli articoli 21 e 22 dell’accordo quadro, che disciplinano la revisione, l’entrata in vigore e la risoluzione dell’accordo istituzionale, che l’intento dell’UE si rivela in modo palese: in caso di divergenze non in linea con l’interpretazione di Bruxelles, l’accordo istituzionale prevede infatti il ricorso a una clausola di revisione, sulla base della quale l’UE potrà proporre delle modifiche alla Svizzera. Tuttavia, qualora la Svizzera decida di non accettare tali modifiche di adeguamento dell’accordo istituzionale, l’UE potrà minacciare di risolvere e, di conseguenza, di abrogare tutti gli accordi riferiti all’accordo quadro. La super-clausola ghigliottina acuisce quindi drasticamente la pressione che accompagna i negoziati, dal momento che, nel peggiore dei casi, la Svizzera si ritroverebbe costretta ad accettare gli adeguamenti imposti, rendendosi quindi ricattabile. L’UE potrebbe ricorrere a tale clausola di revisione al fine di raggiungere vari obiettivi, tra cui, ad esempio, l’imposizione di modifiche nell’ambito di settori inclusi nell’accordo istituzionale, in merito ai quali le posizioni delle parti risultano estremamente divergenti. L’UE avrebbe inoltre il potere di interpretare a proprio favore la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE. In aggiunta a questo, la clausola di revisione e la super-clausola ghigliottina consentirebbero all’UE di estendere l’accordo istituzionale a settori di mercato aggiuntivi, tra cui rientrano anche il mercato dell’energia elettrica o quello dei servizi finanziari. L’istituzione sovranazionale potrebbe persino utilizzare suddette clausole al fine di estendere l’accordo istituzionale al di là del mercato interno, applicandolo quindi a propria discrezione anche ad altre tematiche (ad es. le normative fiscali). Questo comporterebbe pertanto un’improvvisa e notevole estensione del presunto ambito di validità dell’accordo istituzionale, che andrebbe quindi a toccare settori attualmente non interessati in alcun modo dall’accordo istituzionale. Benché il testo proposto suggerisca che l’accordo istituzionale sia riferito «soltanto» agli accordi tra la Svizzera e l’UE, è importante che tutti gli Svizzeri siano consapevoli del fatto che l’accordo quadro possa implicare, e implicherà, anche limitazioni alla sovranità della politica economica estera portata avanti dalla Svizzera. È quindi lecito ritenere che, attraverso gli strumenti previsti dall’accordo istituzionale, l’UE farà in modo che l’orientamento della Svizzera risulti in linea con le leggi del mercato interno dell’UE anche nell’ambito degli accordi commerciali con stati terzi, con conseguente limitazione della facoltà di libero scambio della Svizzera. Gli articoli 21 e 22 dell’accordo quadro evidenziano in modo chiaro che l’UE dispone sia degli strumenti sia della volontà di fissare unilateralmente le regole del gioco alla base delle relazioni che intercorrono tra la Svizzera e l’UE e di imporle, ove necessario, alla Svizzera!
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Bussola / Europa dà vita alla task force «Elettricità»

Bussola / Europa si presenta con l’intenzione di essere un partner competente in materia di relazioni Svizzera-Europa che, potendo contare su un vasto sostegno, risulta credibile e fornisce un contributo determinante alla formazione delle opinioni. Bussola / Europa non vuole solo dire No all’accordo quadro nella sua versione attuale, ma mostrare che ci sono delle strade diverse, quali opzioni sono disponibili in alternativa all’accordo istituzionale e quali caratteristiche dovrebbero avere. Per raggiungere questo obiettivo, Bussola / Europa crea delle task force volte a contribuire attivamente alla formazione delle opinioni e all’individuazione di soluzioni riguardanti le relazioni Svizzera-Europa, e questo in alternativa ai meccanismi dannosi dell’attuale accordo quadro. L’obiettivo delle task force è mettere insieme un know-how specifico e un bagaglio di esperienze per realizzare delle piattaforme che consentano di elaborare soluzioni settoriali volte a creare dei rapporti (commerciali) buoni e costruttivi tra la Svizzera e l’Unione europea (ma non solo). Bussola / Europa è molto lieta di poter presentare la task force «Elettricità» come primo gruppo di lavoro. La task force «Elettricità» partirà con i lavori a inizio febbraio 2021 e sarà guidata da Hans E. Schweickardt (Vice Chairman of the Supervisory Board Polenergia SA ed ex PCA di Alpiq). Oltre che da diversi esperti, la task force sarà composta, tra gli altri, da Kurt Bobst (ex CEO di Repower), Roberto Lombardini (ex PCA di Axpo) ed Esther Peiner (esperta di energie rinnovabili e nuove tecnologie). Le prime soluzioni concrete e le relative raccomandazioni su come agire per consentire alla Svizzera di accedere al meglio al mercato europeo dell’elettricità e di garantirsi a lungo termine la sicurezza dell’approvvigionamento di elettricità sono attese per la primavera 2021.
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Consiglio di lettura: «Wer hat Angst vor Tell?» di Oliver Zimmer

Il nostro consiglio di lettura: «Wer hat Angst vor Tell?» di Oliver Zimmer Con il suo ultimo libro,«Wer hat Angst vor Tell?» (Chi ha paura di Tell?), lo storico svizzero-britannico e docente dell’università di Oxford offre un importante contributo all’attuale discussione sulla politica europea in Svizzera. Zimmer ha concepito il suo libro come spunto per riflettere in maniera consapevole sulla Svizzera in quanto repubblica facendo luce sul rapporto tra democrazia, liberalismo e libertà personale. Secondo una delle tesi centrali sostenute da Oliver Zimmer, la maggior parte delle persone considera una partecipazione il più possibile ampia e democratica come base della propria libertà personale. Questo modello è stato a lungo il faro del liberalismo di matrice democratico-repubblicana in Svizzera e si basa su un contratto sociale che prevede la delega dal basso verso l’alto della legittimazione di scegliere e di governare. Mentre i liberali più d’élite consideravano provinciale questo contratto sociale, percependolo come un freno al progresso, per Oliver Zimmer questo liberalismo si rivela avveniristico, perché non perde mai di vista la libertà e prosperità dei più. Lo storico critica in particolare le correnti all’interno del liberalismo che considerano il sovranazionalismo privo di alternative ed equivalente al progresso. Zimmer è invece favorevole a un liberalismo repubblicano che metta al primo posto la libertà personale e la partecipazione democratica. C’è quindi poco da stupirsi se Oliver Zimmer sia critico nei confronti di un’organizzazione sovranazionale come l’UE, nella quale la libertà economica è stata fin dall’inizio più importante di quella politica. Mentre il Parlamento europeo continua ad avere poco da dire, al suo posto, oltre al Consiglio europeo, anche le varie corti hanno esteso costantemente la propria autorità. In particolar modo, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, costituita nel 1959, svolge a tutti gli effetti un’attività politica in tutti i settori del diritto attraverso la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che ne è l’estensione. Secondo Zimmer, la Corte è l’emblema della sfiducia delle istituzioni nei confronti della partecipazione democratica e svolge un’attività politica a livello economico, occupazionale, sociale e migratorio andando ben oltre la tutela delle libertà. In questo modo, la Corte interferisce con le prerogative sovrane dei parlamenti degli Stati europei. Alla luce del dibattito attuale, Zimmer giunge alla conclusione che la Svizzera debba pagare un prezzo troppo alto per l’accordo quadro. Chi sostiene che il trattato sia un buon compromesso ha perso la propria «bussola in fatto di politica democratica»: secondo Zimmer, per l’UE, che con le sue corti usa il diritto come strumento per fare politica, la democrazia diretta sulla base del modello svizzero non rappresenta altro che un fattore di disturbo antisistema.   Oliver Zimmer. Wer hat Angst vor Tell? Unzeitgemässes zur Demokratie. Lingua: tedesco. Echtzeit-Verlag, Basilea 2020. 181 pagine.  
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Accordo sulla Brexit: anche noi possiamo ottenere più concessioni!

Come preannunciato, negli ultimi giorni l’accordo sulla Brexit ha acceso la discussione legata all’accordo quadro. Constatiamo che il Regno Unito ha ottenuto dall’UE delle concessioni degne di nota:
  • Nessun recepimento automatico.
  • Nessuna verifica materiale delle controversie da parte della CGUE, ma da un tribunale arbitrale indipendente.
  • Nessuna clausola ghigliottina per la sospensione o persino la risoluzione di contratti.
Tali concessioni sintetizzano perfettamente le questioni relative alla sovranità che il Consiglio federale fin qui ha sempre tentato di aggirare. Adesso è chiaro: su questi temi si può negoziare con l’UE! La fermezza paga. Nei giorni scorsi, sui giornali si è letto spesso che la situazione nel Regno Unito non sarebbe da confrontare con quella della Svizzera. Infatti, l’UK esce dal mercato unico e ora, per la prima volta, possiede un accordo di libero scambio con l’UE. La Svizzera gode di questo stato dall’accordo di libero scambio del 1972; inoltre, da allora abbiamo intensificato i rapporti con la UE con i bilaterali I e II. In tal modo, in alcuni comparti possiamo accedere con determinate facilitazioni al mercato interno senza però farne parte. Con queste basi commerciali, gli accordi bilaterali I e II e l’accordo di libero scambio del 1972, siamo avanti miglia e miglia rispetto al Regno Unito. Bussola / Europa è vincolata dagli accordi bilaterali I e II, sostiene esplicitamente anche la libera circolazione delle persone ed è ovviamente favorevole all’accordo di libero scambio con l’UE. È chiaro che occorre verificare ed eventualmente aggiornare i trattati con un importante partner commerciale, ma non c’è alcun ragionevole motivo per svilire la nostra sovranità. L’accordo quadro non deve essere approvato per i seguenti motivi:
  • Ci costringe a recepire il diritto dell’UE rendendoci un membro passivo senza diritto di parola.
  • Rappresenta un tradimento del voto popolare. Gli accordi bilaterali «ci» sono stati venduti come statici e revocabili in qualsiasi momento. Ora il recepimento del diritto europeo viene reso più dinamico anche negli ambiti disciplinati dai trattati bilaterali.
  • Indebolisce il nostro margine di negoziazione. Forte del suo potere di negoziazione, l’UE può fare pressioni in qualsiasi momento per ottenere accordi supplementari o addirittura un’estensione dell’ambito di validità, ad esempio in direzione della politica fiscale.
  • Mette in gioco la nostra linea difensiva strategica, l’accordo di libero scambio del 1972, senza che ce ne sia alcuna necessità. Senza l’accordo di libero scambio, nei nostri rapporti con l’UE ci troveremmo un passo dietro l’UK.
È evidente che il nostro sistema politico, con i diritti unici nel loro genere di cui beneficia il popolo, abbia creato un quadro vantaggioso e virtuoso che ha regalato al nostro Paese e ai suoi cittadini una condizione di benessere al di sopra della media. È su questo che dobbiamo fare perno. Bussola / Europa vuole proseguire sulla via bilaterale attualmente in essere con l’UE, ma vuole farlo su un piano di parità e non con lo spettro di misure compensative o di sanzioni. L’accordo quadro rappresenta la via sbagliata e ci conduce in un vicolo cieco senza margine di azione per le generazioni future. Per la Svizzera la posta in gioco è alta. Le negoziazioni saranno dure, ma dobbiamo assolutamente raggiungere degli accordi settoriali (ad esempio nel settore energetico o nella collaborazione legata a ricerca e istruzione). Il prezzo è alto, ci costerà tempo e denaro e forse di tanto in tanto saremo costretti a cedere su qualche posizione, ma la nostra concezione di Stato e i nostri diritti di democrazia diretta non ci consentono di accettare nulla tacitamente.
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